Il ricordo di Dora
Francesco è uno scoppio di risate che esplode- gran fortuna- quando lo incontri e non va più via. È il sorriso dei miei mattini, delle mie sere, della consolazione nelle angosce e dell’allegria che ancora esplode in certi istanti della vita e che porta un po’ di Kikki anche se Kikki è ormai lontano… già lontano, mi piace pensarlo così, in giro per l’universo, perché il mondo era troppo piccolo per lui, in viaggio verso una meta bella come la sua essenza, alla ricerca di una verità che per noi è ancora troppo complicata… ricordo il primo giorno al liceo, 19 settembre 1994, io al primo banco, lui al secondo, dietro di me.
Una pacca dietro la schiena e un lieve: “Ehi, come ti chiami?”, mi voltai, guardai il suo viso simpatico e dissi piano: “Dora e tu?”, “Kikki, piacere di conoscerti, pare cha abbiamo cinque anni davanti”.
Già, è iniziata così la nostra amicizia, con una frase di circostanza, i posti vicini e prossimi alla cattedra perché eravamo arrivati più tardi degli altri e qualcosa che ci diceva che saremmo stati grandi amici. Gli anni del Palmieri hanno reso forte la nostra amicizia, tanto da farci mettere spesso sul motorino o sulla vespa per incontrarci anche nel pomeriggio, tanto da farci condividere Pasquette, domeniche, feste, serate al mare, cinema horror a due. Ho ancora nelle orecchie le mille telefonate per confrontare i compiti o semplicemente per parlare di noi anche dopo la scuola, del tipo che mi piaceva- che per Kikki era sempre “simpatico, quindi scappa!!!”- o della ragazza che piaceva a lui- che era sempre “bella, quindi sognatela!!! “. Ridevamo tanto, ci prendevamo in giro senza mai ferirci, certi che nel bisogno l’uno c’era per l’altra e per chi stava sempre con noi, per Natalie soprattutto. I tre moschettieri goffi, Kikki, Naty e Dora, sempre insieme, quasi inseparabili, tanto che la gente non capiva chi era la coppia e chi l’amica. Per dodici anni è stato così, ogni occasione era buona per vedersi, ogni vacanza era l’invito alla condivisione e quant’era duro salutarsi dopo l’estate, lui che partiva per Milano, prima, e per Foggia, poi e noi che restavamo a Lecce e facevamo in due ciò che era più bello fare in tre… quante foto, quante bevute, quanti giri per il Salento fino a tardi senza problemi, senza pensieri neri, convinti che uniti avremmo cambiato il mondo, restando noi sempre gli stessi… i concerti, il Nappy bar, il mare alcuni dei luoghi preferiti, in due o con tanta altra gente, persone di passaggio o amici cari che adesso, se li incontro, mi dicono ancora: “Ti ricordi quella volta con Kikki?” e ogni volta mi fanno pensare che Francesco è un dono per tutti quelli che hanno avuto la possibilità di conoscerlo, di passare anche un solo giorno con lui. Francesco è uno che lascia il segno, un uragano di gioia e passione d’esistere che sembra irreale, tant’è raro… è il mio migliore amico, quello delle lunghe telefonate per non sentirci soli, quello della birra in spiaggia, quello del sorriso quando sono giù, quello del regalo dopo ogni viaggio, quello che non ha mai criticato le mie scelte… è la sola persona che non mi ha mai fatto piangere e che ha macinato chilometri per portarmi in giro e tirarmi su di morale nei momenti bui. Kikki è il ragazzo che mi fa sentire importante, che mi spinge nelle cose, oggi come ieri. Il 26 settembre del 2006 io dovevo andare in Trentino per sostenere l’esame di ammissione alla SSIS, lui avrebbe avuto un esame a Foggia, ci siamo detti: è un segno del destino, a chi andrà meglio offrirà da bere!!! Io non volevo provare, avevo dei dubbi, Francesco mi ha detto che avrei dovuto farlo, se non altro perché se fossi passata gli avrei offerto una vacanza a Rovereto. L’ultima volta che l’ho sentito stava tornando a Foggia per studiare. Era in auto, con le sue cose e dai Laghi Alimini si dirigeva a Lecce; mi ha telefonato per salutarmi e per rimproverarmi perché era da un po’ che non ci vedevamo e io gli ho chiesto di incontraci a Torre dell’Orso, in virtù del nostro motto “O moi o mai”. Lui mi ha detto che era tardi e prima di salutarmi ha sospirato: “Uffa, non vedrò più il mare…” ed io: “Che tragico, tanto a fine mese, dopo l’esame, sarai di nuovo qui, io invece rischio di finire in Trentino il 26 di questo mese! Chiamami, però, non è che ti dimentichi di me, tanto preso dallo studio come sei”, e lui: “Si, ti chiamo, è solo che il 26 è vicino ed ho un sacco da studiare, poi lo sai che ti penso… ci vedremo, in un modo o nell’altro”. Venti giorni prima di questa data lui ha iniziato il suo ultimo viaggio, senza lasciarmi l’opportunità di offrirgli da bere né di incontrarlo per l’ultima volta, anzi togliendomi il sorriso per lungo tempo, ma non per sempre perché, pian piano, ho capito che mi ha lasciato la forza di partire e di provare e… quando mi sono trasferita a Rovereto il suo sorriso è venuto con me, in un angolo del mio cuore, quello dove ripongo le poche cose care, quel bene sincero per chi mi fa essere quella che sono. Il sorriso di Francesco credo che sia il ricordo più dolce e l’eredità più preziosa che mi abbia lasciato, perché dovendo ricordare un episodio, un’avventura, un segno che rappresenti la nostra amicizia, non potrei limitarmi alle poche righe di una pagina, avrei bisogno di anni per raccontare tutto quello che siamo stati, avrei bisogno degli altri per completare il mosaico meraviglioso del nostro volerci bene e avrei bisogno di smettere di pensarlo vivo per scrivere di lui al passato. Dai miei giorni Kikki non è mai andato via, l’ho detto a sua madre, lo sa Luigi e chi più mi ama: Kikki è con me sempre, non per religione o per superstizione, non per consolazione o per credenza. Kikki è con me per quello che mi ha dato e che mi ha insegnato, per la semplicità dei suoi gesti che ora è anche mia, per la forza del suo ottimismo, per gli ideali e i sogni che dividevamo, per la leggerezza del suo vivere quotidiano, per la sua sensibilità davanti al dolore, per la libertà del nostro affetto, per la sincerità in ogni circostanza, ma soprattutto perché col suo modo di fare che, ritenendo la morte un fenomeno lontano del quale ci si può anche dimenticare mentre si esiste, del quale sicuramente non si deve aver paura, mi ha insegnato che non si muore mai davvero se nella vita si è seminato amore e che si vive per sempre in chi abbiamo amato se siamo stati capaci di regalare un sorriso anche quando gli altri non lo sapevano più fare…
Dora Elia